In sponda sinistra del torrente Lavagna, in Val Fontanabuona, troviamo a circa 480 metri la piccola frazione di Costa di Soglio nel Comune di Orero.
Il paese viene fatto risalire ai primi del ‘700 e si sviluppa maggiormente tra il 1800 ed il 1900 raggiungendo una popolazione costituita da circa 130 famiglie. Viene abbandonato negli anni 50/60 del secolo scorso in concomitanza con l’ arrivo della strada asfaltata.
Dalla strada di fondovalle in località Pian dei Ratti, con una strada asfaltata lunga circa 5,5 km. si arriva ad uno spiazzo in cui termina la rotabile e dove, a monte, troviamo alcune abitazioni utilizzate durante tutto l’ anno.
Si tratta di un classico borgo di crinale che chiamavano “I Cunei” dal cognome più diffuso degli abitanti che era Cuneo: vi sono alcune case ancora abitate ma la maggioranza risultano abbandonate e dirute.
Dal piazzale dove termina la strada si prosegue per alcuni metri per imboccare sulla sinistra un viottolo che scende tra le case della piccola frazione.
La via principale (denominata strada del Dente e segnalata dalla FIE come Pian dei Ratti Monte Ramaceto – segnavia quadrato rosso vuoto) è costeggiata su entrambi i lati da fabbricati, alcuni dei quali con degli archi in pietra che danno accesso a delle piccole corti interne. Lungo la via numerosi sedute addossate ai muri delle case venivano utilizzate per riposarsi ma anche per discutere e scambiarsi opinioni.
A circa metà, in corrispondenza di un voltino che sottopassa un fabbricato, si può notare un piccolo trogolo utilizzato per il lavaggio dei panni.
Proseguendo lungo la via si arriva ad un piccolo slargo dove troviamo una abitazione ancora ben conservata ed alcuni portali con architravi in pietra di notevoli dimensioni.
Una curiosità sui toponimi indicati sulla mappa catastale di impianto: la zona di arrivo della strada viene indicata come “Casale”, quella più a valle del borgo come “Paramino” ed infine quella ad ovest come “Piazze”.
martedì 26 maggio 2020
lunedì 25 maggio 2020
Arena - Comune di Favale di Malvaro (GE)
Arena in valle Malvaro rappresenta il classico esempio del processo di abbandono dei villaggi montani dell’ Appennino Ligure. Come per altri borghi, l’ arrivo della strada ha aumentato lo spopolamento fino a renderlo un villaggio fantasma.
Nel borgo, diviso in due nuclei, abitavano circa un centinaio di persone tutte di cognome Boitano.
L'ultimo abitante di Arena è stato Eugenio Boitano, classe 1890 soprannominato Sciaèla, allevato da una famiglia del luogo e morto nel 1984.
La comunità coltivava una vasta area attorno al villaggio: in primavera conduceva il bestiame sui pascoli alti ed in estate inoltrata lo faceva scendere al fresco dei castagni, possedeva un mulino ad acqua, una fornace per la calce è una pregevole cappella intonacata rusticamente decorata e dedicata a San Vincenzo.
Parecchi erano gli immigrati negli Stati Uniti compresi due fratelli di Sciaèla, altri facevano i muratori e i carpentieri. Sciaèla si impegnava da stagnino martellando pentole e lamiere su un estremità di un palo d'acciaio infisso nel terreno.
Arena non ha mai conosciuto la luce elettrica né il telefono né la radio. I pochi orologi da tasca si regolavano sulla Meridiana di Sciaèla che segnava le ore dalle sei alle quattordici.
il nucleo superiore diroccato e coperto dalla vegetazione e difficile da riconoscere, nel nucleo inferiore dove termina la strada la cappella di San Vincenzo, scoperchiata da decenni, la campana è scomparsa, pioggia e gelo hanno sciolto l’ intonaco e scoperto le pareti in pietra, i disegni e le cornici che la ornavano sono ormai scomparse.
Ci si arriva con una strada sterrata e disagevole dalla frazione di Alvari.
Fonti storiche tratte da Maggiolungo storie dell’ appennino ligure-emiliano di Marco Porcella Edizioni Sagep
Nel borgo, diviso in due nuclei, abitavano circa un centinaio di persone tutte di cognome Boitano.
L'ultimo abitante di Arena è stato Eugenio Boitano, classe 1890 soprannominato Sciaèla, allevato da una famiglia del luogo e morto nel 1984.
La comunità coltivava una vasta area attorno al villaggio: in primavera conduceva il bestiame sui pascoli alti ed in estate inoltrata lo faceva scendere al fresco dei castagni, possedeva un mulino ad acqua, una fornace per la calce è una pregevole cappella intonacata rusticamente decorata e dedicata a San Vincenzo.
Parecchi erano gli immigrati negli Stati Uniti compresi due fratelli di Sciaèla, altri facevano i muratori e i carpentieri. Sciaèla si impegnava da stagnino martellando pentole e lamiere su un estremità di un palo d'acciaio infisso nel terreno.
Arena non ha mai conosciuto la luce elettrica né il telefono né la radio. I pochi orologi da tasca si regolavano sulla Meridiana di Sciaèla che segnava le ore dalle sei alle quattordici.
il nucleo superiore diroccato e coperto dalla vegetazione e difficile da riconoscere, nel nucleo inferiore dove termina la strada la cappella di San Vincenzo, scoperchiata da decenni, la campana è scomparsa, pioggia e gelo hanno sciolto l’ intonaco e scoperto le pareti in pietra, i disegni e le cornici che la ornavano sono ormai scomparse.
Ci si arriva con una strada sterrata e disagevole dalla frazione di Alvari.
Fonti storiche tratte da Maggiolungo storie dell’ appennino ligure-emiliano di Marco Porcella Edizioni Sagep
martedì 19 maggio 2020
La Cascina Tecosa, il bosco ed il mistero del tesoro tedesco
Siamo in Comune di Bargagli anche se questa parte del suo territorio, affacciata sulla Val Fontanabuona, è posta alle pendici meridionali del monte Croce di Fo.
L’ attuale strada denominata “Strada della resa”, collega la frazione di Maxena con quella di Pannesi in Comune di Lumarzo e taglia in diagonale il Bosco della Tecosa.
In posizione dominante sulla sottostante vallata ed ormai in parte diruta e coperta dalla vegetazione infestante troviamo la Cascina Tecosa. Lungo la strada alcuni cascinali e seccherecci, nel bosco di castagni, oggi inselvatichito.
Prima di arrivare a Pannesi si raggiunge una cappelletta in corrispondenza dell’ incrocio di cinque strade dove si incontrò il primo gruppo ribelle, che diede vita nell'ottobre del 1943, al primo nucleo partigiano dell'area della Provincia di Genova.
Vicino alla cappelletta, quello che rimane di una vecchia cascina dove si era installato il comando della colonna nazifasciata che, appresa la notizia della resa in Genova la mattina del 26 aprile 1945, cercava una disperata fuga attraverso i monti per raggiungere la pianura padana ed infine la Germania.
La colonna formata, si dice, da 7.000 uomini, si fermo per molte ore nel bosco della Tecosa per poi arrendersi proprio a Maxena alle milizie partigiane.
E qui nasce il mistero del tesoro della Tecosa, costituito probabilmente non solo da documenti ma pare anche da molto denaro ed altro ancora di grande valore.
L’ attuale strada denominata “Strada della resa”, collega la frazione di Maxena con quella di Pannesi in Comune di Lumarzo e taglia in diagonale il Bosco della Tecosa.
In posizione dominante sulla sottostante vallata ed ormai in parte diruta e coperta dalla vegetazione infestante troviamo la Cascina Tecosa. Lungo la strada alcuni cascinali e seccherecci, nel bosco di castagni, oggi inselvatichito.
Prima di arrivare a Pannesi si raggiunge una cappelletta in corrispondenza dell’ incrocio di cinque strade dove si incontrò il primo gruppo ribelle, che diede vita nell'ottobre del 1943, al primo nucleo partigiano dell'area della Provincia di Genova.
Vicino alla cappelletta, quello che rimane di una vecchia cascina dove si era installato il comando della colonna nazifasciata che, appresa la notizia della resa in Genova la mattina del 26 aprile 1945, cercava una disperata fuga attraverso i monti per raggiungere la pianura padana ed infine la Germania.
La colonna formata, si dice, da 7.000 uomini, si fermo per molte ore nel bosco della Tecosa per poi arrendersi proprio a Maxena alle milizie partigiane.
E qui nasce il mistero del tesoro della Tecosa, costituito probabilmente non solo da documenti ma pare anche da molto denaro ed altro ancora di grande valore.
Cascina Tecosa
Frazione Maxena
La Cappelletta delle 5 strade
domenica 10 maggio 2020
Siestri - Comune di Neirone
SIESTRI – COMUNE DI NEIRONE
Il piccolo borgo abbandonato di Siestri posto sulle pendici sud-orientali del monte Lavagnola, potrebbe essere quello citato nella Divina Commedia di Dante Alighieri, dove al XIX cantico del Purgatorio insieme a Virgilio incontra Papa Adriano V che gli ricorda la sua appartenenza al casato Fieschi di Lavagna che prende appunto il nome dall’ omonimo torrente, citato come la "fiumana bella".
Papa Adriano V, si presenta come successore di Pietro e spiega di essere originario della terra di Lavagna, in Liguria, come la nobile casata cui appartenne in vita.
“Intra Siestri e Chiaveri d’adima
una fiumana bella, e del suo nome
lo titol del mio sangue fa sua cima.”
Il borgo è costituito da alcuni edifici in pietra ormai diruti ed è stato abitato fino al 1965 ed è raggiungibile con una strada inizia dalla frazione Corsiglia del Comune di Neirone, strada che nell’ ultimo tratto diventa sterrata e quindi un sentiero.
Il piccolo borgo abbandonato di Siestri posto sulle pendici sud-orientali del monte Lavagnola, potrebbe essere quello citato nella Divina Commedia di Dante Alighieri, dove al XIX cantico del Purgatorio insieme a Virgilio incontra Papa Adriano V che gli ricorda la sua appartenenza al casato Fieschi di Lavagna che prende appunto il nome dall’ omonimo torrente, citato come la "fiumana bella".
Papa Adriano V, si presenta come successore di Pietro e spiega di essere originario della terra di Lavagna, in Liguria, come la nobile casata cui appartenne in vita.
“Intra Siestri e Chiaveri d’adima
una fiumana bella, e del suo nome
lo titol del mio sangue fa sua cima.”
Il borgo è costituito da alcuni edifici in pietra ormai diruti ed è stato abitato fino al 1965 ed è raggiungibile con una strada inizia dalla frazione Corsiglia del Comune di Neirone, strada che nell’ ultimo tratto diventa sterrata e quindi un sentiero.
Mappa del 1725 tratta dal sito Archivio di Stato di Genova |
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